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Editoria digitale: un focus alla Festa della Rete 2014

Come sta l’editoria digitale? La tecnologia ha superato la qualità dei contenuti? Il digitale si è fagocitato il talento di chi scrive? Come cambia il modo di raccontare i libri? Siamo andati ad ascoltare il panel sul tema dell’editoria digitale alla Festa della Rete di Rimini ed ecco cosa abbiamo ascoltato.

L’editoria classica è in crisi.
Questo lo si dice da anni, e ogni anno con un tratto underline in più. Dall’altra parte, però, per gli editori digitali è stata un’estate rovente.
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Da quando Jeff Bezos, patron di Amazon, si è intascato una robetta come il Washington Post (per intenderci, quello di “House of cards”) il traffico è aumentato di oltre il 60%. Alcuni commentatori sostengono che sia stato determinante l’elemento tecnologico rispetto al contributo dei giornalisti.

Certo la novità è stata grande, ma la supremazia del 2.0 sulla mente di chi produce è una regola universale? “No“.  Risponde secco uno da cui ci si sarebbe aspettato un “Sì” netto, ovvero Andrea Santagata, responsabile del mondo media di Banzai (primo a sinistra nella foto sopra).
Dai tempi di Matrix e di Virgilio ha cambiato idea: “Lavorando su Studenti.it, GialloZafferano e ilPost abbiamo capito che va forte ciò che ha un alto contenuto editoriale tradizionale”. (Gossip: GialloZafferano ha speso quest’anno 80.000 euro in alimenti e ha due cucine in cui si mangia dalla mattina alla sera).

L’attenzione, dunque, ritorna al talento. Le piattaforme di libero accesso sono solo un modo per individuarlo e distribuirlo, non per superarlo.


E quanto conta la capacità di analisi dei dati, il sapere subito quanti sono i click? Tantissimo. Il rischio – per Santagata – è di diventarne prigionieri. Col digitale i lettori “entrano” in redazione; si sa in diretta cosa leggono e cosa ne pensano.

Una volta le redazioni erano elitarie”, ricorda al panel della Festa della Rete di Rimini la digital media strategist Mafe de Baggis (seconda da sinistra nella foto sotto). Giornalisti con la puzza sotto il naso che pretendevano di scrivere per dei loro simili. Oggi la critica te la becchi subito dopo aver cliccato “pubblica”.
Dopotutto le “community”, i “social media” non sono entità astratte, ma lettori in carne ed ossa… semplicemente potenziati. Non c’è distinzione tra lettore cartaceo e online. “I saputelli sono infastiditi dal lettore che non comprende i loro scritti o che pone domande scomode”.
E soprattutto, da ficcare bene in testa, non esiste il “popolo della rete”; chi lo definisce tale vi si aliena. “Sì, sono loro: quelli là che stanno attaccati al pc e non fanno cose serie“. Il popolo di internet, se esiste, conta 35 milioni in italiani.

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In controtendenza al declino del cartaceo si pone l’editoria per bambini. “I genitori risparmiano su di sé per dare ai figli – riporta Roberta Franceschetti, fondatrice di mamamò.it -. La lettura della buonanotte è qualcosa a cui non si rinuncia. La dimensione materiale e tattile del libro per il bambino rimane fondamentale. Sbaglia chi mette loro in mano un tablet o uno smartphone per accontentarli e per sostituire la baby-sitter“.

A faticare sono le startup di editoria digitale per ragazzi. “Hanno ancora un approccio troppo artigianale e non una strategia di marketing. La galassia delle 7.000 nuove app al giorno li soffoca“. Sono un milione quelle presenti sugli store. Auguri.

 

Il panel è disponibile per intero e si può rivedere qui:

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Mirco Paganelli

Giornalista freelance

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