Sì… viaggiare! Ma perché? E come?

 

Sono talmente tante le citazioni di viaggiatori, filosofi e scrittori sul viaggio diventate famose, che aprire un articolo dedicato a questo passatempo – tra i più amati, giustamente – con una frase ormai svilita dall’uso, rischia di essere una banalità.

Eppure è vero che viaggiare, come ha scritto Pessoa, non è che un essere altro costantemente, o, che la vita è come un libro e chi non viaggia ne legge solo una pagina – Sant’Agostino – o ancora che Il viaggio non soltanto allarga la mente, ma le dà forma, come scrisse Bruce Chatwin.

E così via. Tutte vere e sentite mille volte. Si potrebbe andare avanti per giorni. Siamo di fronte a belle metafore, immagini, profonde intuizioni, che ci fanno percepire la grandezza e l’importanza del viaggio, ma senza spiegare nulla. E in effetti la domanda resta: cos’è il viaggio? E perché affascina così tanto l’uomo.?

 

Una prima indicazione ce la dà il poeta Kavafis: “Quando ti metterai in viaggio per Itaca devi augurarti che la strada sia lunga […]senza di lei mai ti saresti messo sulla strada: che cos’altro ti aspetti?

Il significato del viaggio sta in se stesso, questo ci dice il poeta. Perché il viaggio è metafora della vita, del suo muoversi in continuazione senza mai fermarsi da un punto all’altro. Siamo a casa ed estranei in ogni luogo. In questo senso il viaggio è uguale in tutte le culture, perché è principalmente un movimento dell’uomo.

Le prime epopee erano racconti di viaggi. Sia Gilgamesh che Ulisse peregrinano per anni, in cerca di qualcosa. E sono ospiti. Sono i primi turisti. In questo loro muoversi conoscono terre, persone, vicende. Il viaggio è prima di tutto conoscenza, di sé e del mondo. Bisognerà aspettare parecchi secoli per trovare altri grandi viaggiatori. Ma i motivi sono cambiati. Con Marco Polo comincia l’era moderna: si viaggia per commercio, e questo viaggiare diventa però anche esperienza e memoria.

Quale che sia la motivazione – commercio, svago, esplorazione – l’esperienza del viaggio è partire, lasciare il conosciuto, distaccarsi, e affrontare cose nuove, ma in un’ottica, la maggior parte delle volte, di ritorno. È una ricerca di un’esperienza da condividere poi con altre persone.

 

La moda del turismo nasce con gli inglesi e i tedeschi, che tra il 6 e ‘700 valicano le Alpi e scendono in Italia (il famoso Grand Tour). Perché già allora, il Belpaese aveva il fascino di quello che oggi sarebbe un “parco tematico”. Rovine romane, antichità, capolavori del rinascimento, nel cuore di una natura rigogliosa e incontaminata. Osterie e stazioni di posta si evolvono in alberghi, mentre i luoghi termali “e di salute” cominciano a intuire che possono diventare zone di attrazione. Come accadde a Rimini, che cominciò la sua storia con la fondazione dello Stabilimento Bagni nel 1843.

Allo stesso periodo risalgono i primi viaggi di esplorazione scientifica. Il mondo si allarga man mano che gli spostamenti divengono più facili. Si esplora il mondo e nel contempo si esplorano le profondità della coscienza. Ancora una volta viaggio e vita proseguono di pari passo.

 

Questo più che mai è il periodo del viaggio. Nel ‘900 viaggiare ha perduto la connotazione di attività aristocratica per divenire un fenomeno diffuso, aperto a tutti. Viaggiare fa parte della necessità di soddisfare i propri bisogni, con il fine di autorealizzarsi e di migliorare la qualità della vita. Spostarsi non è mai stato così facile, grazie ai voli e ai treni low-cost, le possibilità di vedere ogni angolo del mondo e conoscere culture lontane, che magari nutrono verso il viaggio la stessa reticenza che nutrivano i nostri avi, sono aumentate esponenzialmente.

 

La differenza la fa filosofia del viaggio. È una fuga dalla propria routine? È una continua esplorazione? È la voglia di cercare relazioni con altri, o, al contrario, di stare soli? È comunque uno stimolo, il cui scopo è la ricerca del benessere fine a se stesso, senza alcun interesse.

Anche se ci sono delle trappole, come il rischio di girare il mondo e portarsi dietro le proprie abitudini, invece che abbandonarsi a quelle del luogo. L’incontro con l’estraneo è un momento fondamentale del viaggio, ma vale la pena qualche accorgimento. Non è male conoscere in anticipo quali sono le usanze e i costumi del luogo, per evitare di offendere qualcuno del posto con un gesto innocuo nella propria cultura. Siete in un ristorante ad Atene? Non rivolgete mail il palmo della mano aperto all’interlocutore. È una grave offesa. E potrebbe trasformare una bella giornata, in una difficile situazione…

 

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Stefano Rossini

Giornalista freelance, si occupa di viaggi, itinerari, cultura (senza dimenticare l'aspetto enogastronomico), sociale e nuove tecnologie. Collabora con riviste italiane e internazionali, guide viaggi e portali web.

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